fossato bolivia cile

Potrebbe sembrare un gioco di parole e forse un po’ lo è, ma quello che è stato pensato al confine tra Cile e Bolivia è qualcosa di nuovo, appunto una nuova frontiera del limite.

Lasciate perdere i muri o il filo spinato, in Sudamerica si scava per metri sottoterra e per parecchi chilometri di lunghezza: una vera e propria trincea per la guerra più combattuta ai giorni nostri, quella contro i migranti.

Negli ultimi anni più di sei milioni di persone hanno lasciato il Venezuela, attraversato da una profonda crisi, e mezzo milione sono ora in Cile.

Questo esodo di massa, spesso compiuto a piedi, ha creato una delle più grandi crisi migratorie della storia. Passando attraverso la Bolivia, i migranti venezuelani arrivano al confine con il Cile stremati dalla lunga attraversata e dall’altitudine che, oltre il freddo, comporta una minore presenza di ossigeno.

La trincea, larga circa un metro e mezzo, è presidiata da soldati cileni da metà febbraio, quando l’ex presidente Sebastian Pinera ha dichiarato lo stato di emergenza nel nord del Paese per consentire il supporto militare alla polizia di frontiera. Neanche l’arrivo al potere di un giovane presidente, Gabriel Boric, particolarmente attivo nel movimento studentesco del 2011, che mirava a ottenere un’istruzione gratuita, e attento alle politiche sociali, ha cambiato la politica del paese.

La trincea è ben visibile anche su Google Map, e segue con precisione il confine tra gli stati, come se fosse ricalcata in punta di penna sopra una carta geografica.

Ma i soldati ovviamente non possono pattugliare 861 chilometri di confine e la parte boliviana è praticamente sguarnita per la sua interezza. Terreno fertile per i trafficanti, conosciuti come “chamberos“, che si offrono di guidare i migranti per 100 dollari a testa.

E così continuano ad arrivare famiglie intere (secondo uno studio dell’organizzazione R4V, che rappresenta gli interessi dei rifugiati e dei migranti venezuelani, 600 venezuelani al giorno entrano clandestinamente in Cile dalla Bolivia e dal Perù), stremate dal viaggio, dal freddo e dall’altitudine, pronti ormai a rischiare perché il confine è lì, davanti a loro e dietro non c’è più niente e nessun posto al quale far ritorno.

In un periodo in cui rapidamente si destinano ingenti fondi alle armi, è il caso di mettersi attorno ad un tavolo, Occidente e Oriente, Nord e Sud del mondo per ripensare un nuovo futuro per il nostro pianeta, per l’intero genere umano: nessun muro, filo spinato o fossato potrà mai fermare un esercito di disperati in fuga dalla miseria e dalla fame, come dimostrano queste immagini al confine con il Messico, e dunque se non vogliamo essere spazzati via, o compriamo un biglietto per Marte oppure cominciamo a utilizzare le ricchezze del mondo per garantire a tutti una vita degna di essere vissuta.

Mauro Monti
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