Dybala meglio di Goethe, il suo Inno d’amore a Roma

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Paulo Dybala

“Ho sentito di appartenere a questa città dal momento in cui sono arrivato in Italia”: questo ha ribadito Paulo Dybala dopo la tripletta al Torino, ringraziando un popolo che aveva appena trasformato un lunedì pomeriggio in una domenica sera.

Lo stadio pieno, l’inno, le bandiere, le sciarpe e quel Roma Roma Roma urlato con tutto il fiato in gola, come sempre.

Una dichiarazione d’amore che ricorda quella di Goethe che bramava così tanto di arrivare a Roma che si fermò solo tre ore a Firenze e gli fece scrivere, una volta arrivato qui: «Si, io sono finalmente nella capitale del mondo».

Ma sul sentirsi romano, Dybala dribbla Goethe e lo lascia sul posto perché l’autore del Viaggio in Italia scrisse: «quando passai sotto Porta del Popolo seppi per certo che Roma era mia». Poteva finalmente osservare dal vivo tutto quello che fino a quel momento aveva visto in stampe, disegni e racconti. Ma è dovuto entrare da Porta Flaminia, l’accesso di tutti i visitatori che arrivavano da Nord, per dare forma e concretezza ai suoi sogni.

Quel senso di appartenenza invece, come abbiamo ascoltato, ha trasformato Palermo in Porta Flaminia e i sette anni di Torino nell’attesa di un ricongiungimento che era già scritto nel destino.

Le mie non sono esagerazioni, o forse sì, ma il calcio vive anche di questo, altrimenti non vive più.

Si dice sempre che le dichiarazioni dei giocatori sono di una banalità disarmante (ma io vorrei ascoltare ognuno di voi dopo 90 minuti di partita) e allora questa volta emozionatevi con me per le parole di Dybala (certo, capisco lo sforzo di laziali e juventini), perché pareggiano, come dichiarazione d’amore, quelle dell’Inno a Roma di Rutilio Namaziano, che lasciando la città eterna, nel V secolo, scrisse:

Desti una patria ai popoli
dispersi in cento luoghi:
furon ventura ai barbari
le tue vittorie e i gioghi:
ché del tuo dritto ai sudditi
mentre il consorzio appresti,
di tutto il mondo una città facesti»

Lo sappiamo, è da qui, da questo senso d’appartenenza che lega squadra e città, che nasce quel risentimento verso i colori giallorossi, dall’invidia di non poter far parte di questa storia che esula dalle vittorie sportive ma che vive puramente di emozioni.

Ora, riuscire ad essere come questo ragazzo argentino non è facile, ma una via d’uscita c’è, se ne esce, cari amici vicini e lontani, se ne esce amando: venite qui, fate ammenda dei vostri peccati e sarete perdonati, questa città saprà accogliervi e donarvi una seconda patria.

Mauro Monti
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