Non puoi scindere Il passeggero e Stella Maris, gli ultimi romanzi di Cormac McCarthy, il suo testamento letterario, la frontiera più intima tra quelle affrontate nella sua vita di scrittore.

Già nella quarta di copertina del Passeggero, insieme alle solite frasi ad effetto che leggiamo di ogni libro, ne troviamo una che, una volta completata la lettura, risulta forse la più azzeccata: “Altri scrittori saccheggeranno queste pagine per farne epigrafi, quasi fosse l’Ecclesiaste, per i prossimi 150 anni”. Aggiungerei non solo scrittori ma soprattutto lettori: tutti e due i volumi sono ora segnati da piccoli post-it colorati in punti nei quali non si poteva passare oltre come se niente fosse. Tante piccole bandierine stanno lì a sventolare come sulla cima dei monti appena scalati. Cime e profondità, bisogna dire, tappe che hanno segnato l’ultimo cammino di questo grande scrittore. Quasi fossero briciole di pane lasciate lungo la strada per trovare la via del ritorno. Sì perché la particolarità di questa diade è che una volta finito il secondo volume non puoi fare a meno di iniziare di nuovo il primo, anche solo per rileggere l’inizio: il ritrovamento del corpo di Alicia.

La frontiera che ha affrontato McCarthy è quella finale soprattutto, della morte, ma anche quella rappresentata dal sottile filo sul quale tutti noi camminiamo, in equilibrio sopra la follia. Basta un attimo di smarrimento, una folata di vento e rischiamo di cadere giù, con tutte le nostre certezze che non bastano più a tenerci in piedi.

Non esiste una trama se non il tema dell’amore profondo di due fratelli: Alicia e Bobby, due geni innamorati l’uno dell’altra. Il racconto di due vite che non potevano viaggiare in maniera autonoma e neanche insieme e per questo precipitate nell’abisso.

Un abisso popolato di fantasmi e personaggi fantastici, un viaggio nella mente e nella disperazione, nella solitudine, nella fuga e nel rifiuto.

Due libri (dei quali il secondo è la chiave per comprendere pienamente il primo) complicati, pieni di matematica complessa, fisica, quasi una gabbia per i lettori che, come gatti di Schroedinger (per richiamare la meccanica quantistica molto presente nel testo) sono lì dentro, sospesi tra rivelazione e buio, mentre aspettano che qualcuno alzi il coperchio. E arrivano alla fine ricominciando dall’inizio, un po’ come Infinite Jest.

Mauro Monti
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