“Meridiano di sangue”, Cormac McCarthy

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Meridiano di sangue, Cormac McCarthy

Aiutatemi a dire “sangue”: Meridiano di sangue di Cormac McCarthy è un continuo di violenza, spesso gratuita, di scalpi e di stragi. Senza sosta, tutti contro tutti, o quasi.

Un piccolo battaglione che potremmo definire la versione splatter dell’armata Brancaleone attraversa l’America diretto ad ovest, verso l’oceano, rappresentando quasi il male concentrato dell’uomo pronto a combattere guerre tutte sue, che siano contro uno o tanti, messicani o indiani. Attraversando territori disseminati di violenze passate, terra imbevuta di sangue, resti di carovane e animali, e di uomini e donne soprattutto.

Uno spazio senza tempo che potrebbe benissimo essere rappresentato in uno scenario post apocalittico sul quale piste ben definite, come infiniti diversi, linee temporali parallele, a volte si incrociano nel nulla.

Così i due gruppi si separarono su quella pianura notturna, e ciascuno percorse in senso inverso la via dell’altro, avanzando, come è destino di tutti i viaggiatori, su strade battute all’infinito nei due sensi da altri uomini.

Ma nello stesso modo in cui indugia nelle scene di violenza, McCarthy racconta nei minimi particolari anche la struggente bellezza dei luoghi attraversati.

Lepri impazzite saltavano e si arrestavano nel bagliore bluastro, e lassù, fra i dirupi echeggianti, i falchi si avvolgevano nel piumaggio o socchiudevano un occhio giallo al tuono che esplodeva sotto di loro.

Ed è così, seguendo questo andamento di alti e bassi che si sviluppa la trama di questo potente romanzo, tirando il fiato solo davanti a un falò, come una sinusoide e una cosinusoide sovrapposte, a segnare i punti più alti del creato e contemporaneamente quelli più bassi dell’uomo.

Di quella armata Brancaleone ne rimarrà uno solo: il giudice, quello che misurava tutto, che registrava tutto nei suoi taccuini, quello che dava un prezzo a tutto, che conosceva il mondo meglio di chiunque altro, quello che alla fine sopravviverà a tutto e a tutti.

I suoi piedi sono lesti e leggeri. Non dorme mai, lui. Dice che non morirà mai. Non dorme mai, il giudice. Danza, danza ancora. Dice che non morirà mai.
Mauro Monti
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