Antonio Sena

L’Amazzonia che sparisce giorno dopo giorno è ancora (per fortuna) un’immensa distesa di alberi e vita. E ancora oggi capita di conoscere la storia di chi per fortuna e capacità è riuscito a sopravvivere ai suoi pericoli.

È la storia di Antonio Sena, pilota brasiliano 36enne al servizio dei cercatori d’oro. Il suo Cessna 210 partito da Alenquer, nello stato di Parà, e diretto a una miniera illegale nella riserva di Maicuru, dopo 40 minuti ha avuto un’avaria e si è schiantato nella fitta vegetazione della foresta.

Sopravvissuto miracolosamente, e dopo aver stazionato vicino ai rottami del velivolo, cercando inutilmente di essere visto da altri aerei, ha cominciato a camminare, senza una meta definita e verso una direzione che solo il caso poteva suggerirgli. Camminava di giorno e si riparava di notte, nutrendosi di una particolare bacca rossa che aveva visto essere molto gradita alle scimmie ragno e bevendo acqua piovana.

«La prima notte è stata terribile. La foresta era piena di rumori e completamente buia» — ha raccontato al New York Times — I momenti difficili sono stati tanti: il dolore per i morsi d’insetti, il freddo, la fame. In quei giorni ho capito per la prima volta nella mia vita che cosa vuole dire, davvero, essere affamati. Solo il pensiero della mia famiglia e la fede in Dio mi hanno sostenuto».

Dopo 36 giorni di cammino ha sentito il primo rumore della “civiltà”: quello di una motosega. Erano alcuni raccoglitori di noci che per caso erano in quella zona della foresta. Alla guida del gruppo c’era una donna: Maria Jorge dos Santos Tavares, 67 anni, che dopo aver perso il marito per Covid, per motivi economici aveva cominciato a perlustrare la foresta in cerca di sostentamento.

Dona Maria aveva davanti a sé un uomo stremato ma vivo, mentre Antonio una seconda mamma.

Cosa resta del giorno? Un nuovo inizio

Mauro Monti
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